In quel tempo, Gesù si mise a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti, agli scribi e agli anziani]:
«Un uomo piantò una vigna, la circondò con una siepe, scavò una buca per il torchio e costrui? una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Al momento opportuno mandò un servo dai contadini a ritirare da loro la sua parte del raccolto della vigna. Ma essi lo presero, lo bastonarono e lo mandarono via a mani vuote. Mandò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo insultarono. Ne mandò un altro, e questo lo uccisero; poi molti altri: alcuni li bastonarono, altri li uccisero.
Ne aveva ancora uno, un figlio amato; lo inviò loro per ultimo, dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma quei contadini dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e l’eredita? sarà nostra”. Lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna.
Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e farà morire i contadini e darà la vigna ad altri. Non avete letto questa Scrittura: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”?».
E cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla; avevano capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro. Lo lasciarono e se ne andarono.
Commento
Rimango sempre colpita dalla trasformazione della pietra che da marginale diventa testata d’angolo. Ripenso un po' alla mia vita, a quante volte mi sono sentita messa da parte, non compresa o addirittura calunniata. Ma poi ho capito che da quelle esperienze di emarginazione potevo solo imparare preziosi suggerimenti: innanzitutto mi hanno insegnato a non giudicare le fatiche o le situazioni altrui; ho imparato l’arte dell’umiltà e del sostegno anziché del giudizio e un’empatia più viva e ardente. Leggo in questo passo del Vangelo una grande ingiustizia nei confronti del vignaiolo che, con fiducia, lascia tutto agli uomini e cosa riceve? Il tradimento e la morte di Suo figlio. Sorge spontanea una riflessione: anche se ci sentiamo non compresi, traditi, emarginati, esclusi, diversi, perché non proviamo innanzitutto a trovare dentro di noi il potenziale divino con cui siamo stati creati? Se iniziamo a volerci bene veramente e a credere in noi stessi usando il buonsenso e l’intelligenza, nel senso di “andare in profondità”, allora nulla ci può scalfire perché la gratitudine verso il mondo che abbiamo ricevuto e verso quello che siamo supererà la tensione delle ingiustizie di cui, a volte, siamo diretti interessati.
Oggi voglio essere grata a quel Padre che non mi lascia sola ma cammina accanto a me e sana le mie ferite attraverso le persone che mi vogliono bene, innalza la mia umile vita e mi solleva su ali d’aquila, in alto, per vedere e capire ancora meglio.
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