In quel tempo, Gesù salì sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici – che chiamò apostoli –, perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni.
Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro, poi Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè “figli del tuono”; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì.
Commento
“il quale poi lo tradì”. Per noi che, come l’evangelista Marco, leggiamo la vicenda di Gesù a partire dalla conoscenza della Sua resurrezione, l’affermazione del tradimento di Giuda perde la sua carica sconvolgente. Eppure, queste poche parole racchiudono un mistero capace di dischiuderci lo stile di Dio, il modo stesso in cui il Padre ed il Figlio agiscono lo Spirito nella storia. Giuda è uno dei dodici, è uno dei pochissimi scelti da Gesù stesso per essere suoi amici e confidenti, per camminare con lui nel ministero e portare a tutti l’annuncio del Vangelo. Eppure, Giuda tradisce. Ciò significa che anche Dio, “essere perfettissimo” sbaglia. Forse è così; oppure, a giudicare dall’agire inusitato di Gesù, maestro che seleziona ed elegge i propri apostoli, occorre attribuire un’intenzionalità alla Sua scelta “sbagliata”. Se faccio l’esercizio di immedesimarmi nella scena, mi viene spontaneo inserirmi nella schiera degli apostoli. Ciò non è motivato dalla superbia, ma dalla consapevolezza che il Signore è entrato nella mia vita, abita la mia storia e mi chiama alla testimonianza del Vangelo. Sapere che a questa schiera appartiene Giuda, suscita anzitutto un giudizio su di lui, perché ha sbagliato, ma questo lascia rapidamente il posto alla consolazione. Infatti, se Gesù lo ha scelto e ha spezzato il Suo corpo e versato il Suo sangue anche per lui nell’ultima cena, significa che anche di fronte ai miei peccati, ai miei tradimenti, il Signore è disposto ad amarmi, a morire per me. Quante volte mi capita di ergermi a giudice ed emettere giudizi sull’altro che lo rendono avversario e non fratello?
Oggi chiedo al Signore la grazia di uno sguardo umile, capace di riconoscere le fragilità e gli errori degli altri alla luce delle mie fatiche e dei miei peccati.
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