In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: "Non ucciderai"; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.
Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.
Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!».
Commento
Nella nostra cultura bergamasca c’è un detto che è una sorta di giustificazione plenaria a tutte le colpe: “ucciso non ho ucciso, rubato non ho rubato”. Il senso è semplice: non ho fatto i gravi peccati per cui meritare una condanna. E così mi autoassolvo da tutto. Anche all’epoca di Gesù si ragionava spesso così: solo i gravi peccati meritavano una condanna, come l’omicidio, ad esempio. Gesù invita invece ad un passaggio più radicale: “ma io vi dico”. Non contraddice il comandamento, ma ci fa fare un passo ulteriore. Ci sono modi diversi in cui io posso “uccidere”, togliere la vita a mio fratello. Quando per esempio mi adiro con lui e mi muovo contro colui che avverto come in contrapposizione a me. Così l’ira può diventare già il sopprimere l’altro, schiacciandolo a terra. Anche il disprezzo e l’umiliazione è un tentativo di annientarlo: dire “stupido” o “pazzo” è rendere il fratello meno uomo, togliendogli quella dignità che lo rende pari a me per metterlo un gradino sotto. Ma la sfida vera è il passo successivo: sono chiamato a riconciliarmi con lui se so che un fratello ha qualcosa contro di me. Ma come? Se il problema è di mio fratello, perché devo essere io a fare il primo passo andandogli incontro? La mia giustizia è che chi sbaglia paga. La giustizia di Gesù è che Lui ha pagato per tutti e da qui deriva che tra di noi non ci sono più buoni e cattivi, ma fratelli che, amati gratuitamente da Dio, sanno uscire dal rischio di una falsa giustizia per allargare gli orizzonti all’amore. Rischio spesso di volere essere io il criterio di giustizia per misurare gli altri?
Spirito Santo, rendimi giusto nell’amore come lo è stato Gesù!
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