In quel tempo, Gesù parlò dicendo:
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi.
Guai a voi, guide cieche, che dite: "Se uno giura per il tempio, non conta nulla; se invece uno giura per l'oro del tempio, resta obbligato". Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l'oro o il tempio che rende sacro l'oro? E dite ancora: "Se uno giura per l'altare, non conta nulla; se invece uno giura per l'offerta che vi sta sopra, resta obbligato". Ciechi! Che cosa è più grande: l'offerta o l'altare che rende sacra l'offerta? Ebbene, chi giura per l'altare, giura per l'altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che lo abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso».
Commento
Tra queste azioni dei farisei, condannate da Gesù, scorgo un denominatore comune: l'orgoglio. Mi sembra che le loro azioni inizialmente siano nate da un'intenzione di bene, di cura verso l'altro, ma poi si siano tramutate in egoismi fini a se stessi. Vogliono proclamare il Regno dei cieli, una bellissima intenzione, ma poi si accorgono dei loro limiti e allora non offrono più agli altri la bellezza dell'amore di Dio. Vogliono convertire, ma poi non continuano la loro opera in verità. In loro mi ci rivedo, anche io spesso rischio di cadere nell'orgoglio: inizialmente scelgo di compiere un'opera di bene, magari anche prolungata nel tempo, perché in me arde un desiderio d'amore e coinvolgo Dio in questa scelta. Però, più passa il tempo, più mi sento padrona della situazione, meno mi affido a Dio e continuo a riproporre solo me stessa, svalorizzando chi voglio aiutare. Così facendo, è come se dessi più importanza all'oro del tempio e non al tempio stesso. Gesù oggi mi invita a tornare più spesso alle vere motivazioni delle mie azioni, mi invita a ricordarmi che ciò che conta non è il prodotto di esse, ma che ogni mio gesto sia intriso di Dio. Vorrei ricordarmi più spesso che le mie azioni di bene, le offerte, sono sacre perché Dio, che è l'altare, ha scelto di abitare in mezzo a noi. Vorrei tornare all'essenza ogni giorno e ricordarmi che se aiuto quella ragazza, quell'amico, quel familiare, non è perché io sono brava e forte ma perché Dio mi ama e mi dona, se lo richiedo, la carica e l'amore.
A fine giornata, ripenso alle opere di bene che ho compiuto: ringrazio Dio per essere stato presente in me e nell'altro e gliele affido totalmente affinché Lui possa sistemarle e renderle ancora più fertili.
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