In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d'onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati "rabbì" dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare "rabbì", perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate padre nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare "guide", perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».
Commento
Mi è capitato di osservare alcuni bambini che giocavano insieme. Stavano immaginando di essere a scuola e una bambinetta, la più spigliata, si è messa di fronte a loro e con i modi della maestrina fingeva di insegnare, ma non solo: richiamava i suoi compagni di gioco esortandoli a stare attenti e minacciandoli di un castigo fatto di compiti in più se non le avessero dato attenzione. “Sulla cattedra di Mosè si sono seduti...”: questa frase mi ha riportato alla mente questo ricordo ma anche la consapevolezza che “metterci in cattedra”, cioè sulla sedia dei vari ruoli per disporre di chi abbiamo di fronte, è la tentazione di tutti. È la tentazione dell’ipocrisia che intacca il nostro cuore e che ci portiamo dentro in ogni ambito della nostra vita: al lavoro, in famiglia, in piazza…anche in Chiesa. Quando il ruolo che abbiamo nei confronti degli altri diventa autoreferenziale, ci fa cadere nell’incoerenza tra quello che proclamiamo e quello che facciamo: "tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare". La descrizione di Gesù delle azioni degli scribi e farisei ci fa da specchio e ci riflette il male che si annida nel nostro cuore. Male che non si vince denunciando o denigrando le incoerenze altrui, ma rendendoci consapevoli del nostro voler apparire a ogni costo importanti, come maestri e padri, signori, persone che tutto sommato dominano. Vi è solo un antidoto a questo virus della vanagloria: considerare l'unica e vera stima che dobbiamo avere di noi stessi e degli altri, quella di essere tutti figli dell’unico Padre, “grandi” quando capaci di metterci al servizio a vicenda.
Spirito Santo, toglimi dal piedistallo che mi sono costruito e fammi servo dei miei fratelli.
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