In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
Commento
Vieni Santo Spirito, illumina il mio cuore perché di fronte al male cerchi e trovi in te la vera fonte della speranza.
Distruzione, inganno, guerre, rivoluzioni, terremoti, carestie e pestilenze… il discorso di Gesù pare darci uno scatto fotografico sull’oggi. Sentiamo infatti attuali le sue parole, capaci di richiamare all’essenziale della vita, la cui crudezza non può essere nascosta da dolci, quanto fatue, parole sulla bellezza delle pietre e degli abbellimenti del tempio. Nei nostri tempi, che sentiamo così provati dal sorgere di più forme di male a danno dell’essere umano, va sempre più affermandosi un atteggiamento remissivo, quasi desolato e deluso di fronte a quello che pare un continuo peggioramento delle condizioni di vita, magari non personali, ma certamente universali. La quantità di informazioni e notizie non aiuta certo a creare immaginari che lascino spazio al miglioramento, e talvolta il mio cuore pare soffocato e disposto alla disperazione. Tale deve essere il sentimento provato da coloro che, intenti ad ammirare la grandiosità del tempio, si sentono richiamati dal maestro ad una situazione di vulnerabilità. Posti innanzi alla povertà insita nell’esperienza umana, serve un’avversativa a riaprire il discorso. Non un “ma” qualunque, ma pronunciato da Dio. Anche se esposti al male del mondo, quel «ma non sarà la fine» ci dà speranza. Ecco la parola chiave: speranza. Non però quella riposta nelle grandi rocce erodiane, possenti ed ornate, che saranno spazzate via da Tito nel 70 dopo Cristo; ma quella che trova in Dio la sua origine ed il suo fine. Gesù ci esorta a sostituire la domanda sulla fine: «quando accadrà questo?» con l’attesa del fine. Credo che solo questo sguardo abitato dalla fede e orientato ad un futuro che è nelle mani di Dio può farmi conoscere la vera gioia della speranza?
Nella giornata di oggi scelgo cinque minuti per riflettere sul male che incontro e conosco e che mi ferisce e lo affido al Signore, per sperimentare la sua prossimità ed il dono della sua speranza.
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