In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: "Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò". Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: "Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?". Gli risposero: "Perché nessuno ci ha presi a giornata". Ed egli disse loro: "Andate anche voi nella vigna".
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: "Chiama i lavoratori e da' loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi". Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: "Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo".
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: "Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?".
Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».
Commento
A circa cento chilometri da Santiago de Compostela mi sono imbattuto in un cippo miliare su cui era scritto: “Gesù non è partito da Sarria”. La frase era stata scritta da qualche pellegrino che, come me, si era fatto almeno settecento chilometri e sbeffeggiava le frotte di persone che “intasano” gli ultimi cento chilometri (da Sarria per l’appunto) per ottenere l’attestato di compiuto cammino. Una frase che denota una sorta di “disprezzo” nei confronti dei cosiddetti “turi-grini” (più turisti che pellegrini) e che fa eco a quella degli operai delle prime ore della parabola odierna. Anche io ammetto di aver provato questo sentimento, in quanto ritenevo “ingiusto” che queste persone facessero la mia stessa esperienza, avendo assaggiato solo in minima parte le fatiche che avevo provato io per un mese. Tuttavia Gesù stravolge questa logica tipicamente umana dove c’è qualcuno più degno di altri perché ha dei meriti da esibire. Penso che questa parabola voglia dirci che possiamo fare esperienza di grazia solo quando abbandoniamo la logica retributiva in favore di quella “eucaristica”, cioè quando riconosciamo con gratitudine che non avremmo potuto far nulla se il Padre non ci avesse chiamato nella sua vigna. Si fa una vita di mormorazione quando si rinfaccia continuamente il proprio fare e si dimentica che l’Amore invece ci precede sempre.
La mia fede nasce dalla gratitudine o da altro?
Oggi cerco di partecipare all’Eucarestia con la riconoscenza di chi sa di essere un peccatore perdonato.
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