In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».
Commento
“Alla fine dell'esistenza, non ci sarà chiesto se siamo stati credenti, ma credibili”. Sono parole del giudice Rosario Livatino, che ha pagato con la morte l’adesione ad un progetto di vita segnato dalla coerenza e dall’integrità. La credibilità è quella dimensione sulla quale, oggi come non mai, siamo ponderati come cristiani. Spesso siamo lacerati da una sorta di dicotomia (come se avessimo due facce), tra l’affermazione e l’azione. A tutto questo spesso aggiungiamo anche una buona dose di presunzione pensando che, per quanto affondiamo nell’incoerenza, il nostro sia un modello assoluto. Qui risiede il duplice richiamo del Vangelo. Il primo, evocando l’incoerenza di chi dovrebbe garantire una sintesi tra cielo e terra, ci invita ad armonizzare sulla sua Parola quello che diciamo con quello che effettivamente siamo chiamati a fare e ad essere. Il secondo, impedendoci di assolutizzare il nostro modello nel rapportarci agli altri (che spesso schiacciamo), ci esorta ad essere padri e maestri che sanno innescare relazioni generative e non soffocanti. Quante volte vorremmo essere padri e maestri di umanità e ci riduciamo purtroppo a non essere per nulla credibili, assolutizzando pateticamente il nostro operato. Il vero e solo Padre e Maestro ci indichi la strada di un’autentica credibilità.
Oggi provo a pensare ad un atteggiamento di incoerenza che vorrei affidare al Padre e al Maestro.
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