In quel tempo, di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe.
I farisei gli dicevano: «Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?». Ed egli rispose loro: «Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell'offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni?».
E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato».
Commento
Ai miei tempi capitava, soprattutto negli indimenticabili anni dell’infanzia e dell’adolescenza, di inventarci qualche gioco nei ritagli di tempo. I giochi erano molto diversi ed alternativi ma la costante era una soltanto: le regole. Prima di iniziare qualsiasi operazione di gioco era importante radunarsi per condividere le regole fondamentali. Regole che poi erano clamorosamente infrante oppure liberamente interpretate. Nel Vangelo di oggi Gesù, pur non giocando, è alle prese con delle regole. O meglio con una modalità formale e legalistica nell’interpretarle. Nell’atto di liberare il suo popolo, il sogno di Mosè era quello di fornire delle indicazioni che diventassero una condizione necessaria per la libertà e non certo la negazione della stessa. Tuttavia il formalismo è capace di trasformare, oggi come ai tempi di Cristo, delle indicazioni precise (capaci di rendere il “gioco della vita” autentico, libero e condiviso), in una serie di “cose da fare” che ci fanno sentire apposto e magari anche migliori di tutti quelli che non le rispettano. Il nostro cuore si possa aprire davvero a questo ampio respiro che ci permette di capire che il sabato (e quindi tutte le indicazioni che ne derivano) è stato fatto per renderci persone libere e non delle macchine senza cuore.
Oggi voglio pensare in quale modo rispetto le indicazioni che, come cristiano, sono chiamato a tenere presente. Voglio trasformarne una in particolare: da opprimente a liberante.
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