In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
Commento
“Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”. Sembra che questo brano di Vangelo incarni perfettamente questo proverbio nelle figure dei discepoli che anche io rappresento, forte nelle mie convinzioni, incapace di ascoltare veramente con attenzione e umiltà di cuore il messaggio di Gesù. Anche io, come il sordo balbuziente, emblema dei discepoli, ho bisogno di essere presa “in disparte” e con l’espressione “Effatà” di essere guarita dalla malattia di credermi migliore di altri. Ho bisogno che Gesù mi scuota dal torpore delle mie convinzioni radicate e presuntuose e mi sani, mi guarisca e finalmente mi faccia capire che la chiave del Suo Vangelo risiede nel condividere, nel servire, nell’accogliere e nel rispettare i “pagani” miei fratelli. Ho bisogno che Gesù sturi anche le mie orecchie sorde e converta il mio cuore ostile ai fratelli, allontanando da me la presunzione di considerare alcuni di loro immorali e aiutandomi a capire che l’amore di Dio non è solo una prerogativa di una cerchia ristretta di persone, quanto un amore universale che si estende a tutti, senza alcuna distinzione in cristiani di serie A e cristiani di serie B.
Spirito Santo, scuoti le fondamenta delle alte torri della mia presunzione e ottusità e liberami da un’idea di religione discriminatoria e alienata, che non mette al centro il vero messaggio di Gesù quanto la mia necessità di primeggiare sui fratelli.
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